Anche se molti pensano il contrario – ma andare controcorrente è piuttosto semplice – vivere professionalmente questi anni rappresenta un vero ed inestimabile privilegio: se consideriamo che in poco più di 10 anni abbiamo assistito al radicale quanto focale cambiamento direzionale della comunicazione già rappresenta un motivo in più per fermare il tempo e studiare il fenomeno. Anche se non abbiamo gli strumenti atti per poter premere il tasto “Stop”, in parte proviamo ad analizzare quanto accaduto arrogandoci la presunzione di poter, almeno, pigiare il tasto “Play” e farci trasportare, scientemente, dai fenomeni.
La comunicazione di ieri era senza dubbio unidirezionale e soprattutto verticale: c’era il mittente, il medium, il messaggio e il destinatario. Senza diritto di replica. Avete mai visto qualcuno urlare contro un manifesto pubblicitario affisso in strada? Io no. O quasi.

Oggi, invece, viviamo il tempo della comunicazione orizzontale e bidirezionale: mittente, medium, messaggio, destinatario e di nuovo messaggio, medium e mittente che diviene, a sua volta, destinatario. Strano? Affatto. Ci sono centinaia di milioni di persone che quotidianamente comunicano tra loro, con l’esigenza naturale di socializzare, e nel farlo rispondono ad un messaggio di una multinazionale, dopo aver condiviso sul social media un suo selfie.

 

Ora prendiamo in analisi il cambiamento di cui sopra ed applichiamolo alla comunicazione di tipo aziendale, al marketing. Pensate, per caso, vi siano state differenze strutturali? Domanda retorica ovviamente. Cambiata la direzione della comunicazione variano i tempi di trasmissione di un messaggio, ciò comporta tempi di monitoraggio e di risposta ai messaggi dei clienti diversi, del tutto. Non rispondere ad un cliente corrisponde a non interagire, ed è subito “black list” in funzione della tanto desiderata (e ancora troppe volte sconosciuta) umanizzazione del brand. Ma quest’ultimo argomento richiederebbe un approfondimento tale da dover spostare troppo l’attenzione, ecco perché ne parlerò in un contenuto a parte.

 

Le professioni sono aumentate, la confusione anche. Le competenze si inspessiscono, insieme ai necessari mutamenti psicologi e di approccio al lavoro dei responsabili dei dipartimenti del marketing di un’azienda.

Ecco una lista di alcuni vecchi e nuovi fattori con cui le aziende hanno a che fare ogni giorno e qualora non fosse così, di certo c’è qualcosa che non va e potresti (se hai un’azienda) prenderne spunto:

 

  • Trasparenza: comunica i cambiamenti, gli acquisti, gli scambi professionali, insomma, rendi pubblico ciò che fai nei limiti del possibile;
  • Confidenzialità: il destinatario della tua campagna pubblicitaria riceve il tuo messaggio senza chiederlo, utilizza un linguaggio semplice e alla portata di tutti;
  • Fiducia: ispirare sicurezza e curare la reputazione del tuo brand devono essere tradotti in fiducia nella tua azienda da parte dell’utente.

 

Arrivati a questo punto tutto diviene più semplice e lineare, ti trovi dinanzi ad un nitido bivio: subire passivamente i cambiamenti e ricevere il messaggio che qualcuno vuole inviarti o veicolare lo stesso? A te la scelta. Io ho già deciso, da tempo.